Continua l'amarcord fuori tempo massimo dell'estate 2014, ma sono un testone e quindi... non mollo.
Passo allora alla 3 giorni e mezzo in Abruzzo con Mauro Pini dal 18 al 21 agosto 2014. Tre giorni (e mezzo) di sfida ai Giganti d'Abruzzo: Maiella (2793 m) e Gran Sasso (2914 m).
Tre giorni perfetti. Solo una mezza giornata sacrificata al maltempo, che già ci aveva impedito - intenzione originaria - di realizzare il "piano A", cioè dare l'assalto ai giganti "over 4000" della Val d'Ayas nel massiccio del Rosa.
Sfumato anche il "piano B" (Alpi Giulie), sempre per il cattivo tempo su tutto l'arco Alpino da occidente a oriente, abbiamo ripiegato sul "piano C", l'Abruzzo.
Ma è stato tutt'altro che un ripiego: infatti i Giganti d'Abruzzo non ci hanno deluso...
Partiti il 18 agosto in auto ben prima dell'alba - come doveroso, vista la lunghezza del tragitto stradale - abbiamo subito dato l'assalto alla Maiella, avviandoci di buon passo dal parcheggio della Maielletta (1890 m circa) in direzione del Monte Blockhaus.
L'itinerario ci ha subito svelato le bellezze selvagge dell'impervio massiccio della Maiella: un gigante di pietra e di roccia sdraiato tra le valli del Pescara e del Sangro, sulle quali irradia verso il basso, da ambo i lati, ripidissimi e pressoché inaccessibili valloni - le "Rave"- e che domina dall'alto con la sua lunghissima e sinuosa cresta.
Tempo splendido, sole cocente, caldo anche in quota, vento quasi impercettibile - almeno all'inizio...
Attraversata l'enorme "mugheta della Maiella" e ritrovata la Tavola dei Briganti (ove quelle "birbe" hanno inciso nei secoli scritte e graffiti a monito dei viandanti), ci siamo inerpicati sui ripidi gradoni di calcare fino al Bivacco Fusco, in posizione panoramica sull'Anfiteatro delle Murelle, un grande catino glaciale dominato dai pietrosi Monte Acquaviva (2737 m) e Monte Focalone, e dalla rocciosa Cima delle Murelle.
Dopo una breve pausa abbiamo proseguito senza indugio - visto il dislivello e la lunghezza complessivi dell'itinerario, 1200 m su 15 km circa di continui saliscendi - salendo il Monte Focalone e proseguendo sull'altalenante ed esile cresta dei Tre Forconi, tra pietraie e rocce.
Unica compagnia qualche raro escursionista e - ben più numerosi - tanti camosci della Maiella, stranamente per nulla intimoriti dalla nostra presenza. Il tempo bello e stabile rendeva splendida la vista su ogni lato, anche se proprio allora iniziava a farsi sentire quello che sarebbe poi stato un fastidioso compagno dell'ultima parte della salita e della permanenza in cima: il vento.
Superati i tre forconi, ecco finalmente ben visibile la grande sagoma tondeggiante del Monte Amaro (culmine della Maiella, con i suoi 2793 m).
Sulla sua cima un punticino rosso: il Bivacco Pelino, nostro albergo per il pernottamento, le cui dimensioni ancora risibili la dicevano lunga sulla strada che rimaneva da percorrere.
Il selvaggio spettacolo della natura si completava con splendide fioriture sui radi prati disseminati qua e là tra le pietraie: ecco finalmente le preziose Stelle alpine della Maiella, irripetibile endemismo floreale di queste giogaie.
Dopo un lungo traverso su una cengia di sapore pseudo-dolomitico, eccoci di fronte alla salita finale per la vetta del Monte Amaro.
E qui il vento ha iniziato a sferzarci, impietoso nonostante le 5 ore e passa di impegnativo cammino già trascorse.
E così è stato davvero con sollievo che abbiamo raggiunto la cima e ci siamo rifugiati dentro la "sfera spaziale" del Bivacco Pelino, dove - prima ancora di mangiare quello che doveva essere il nostro pranzo - ci siamo infagottati nei sacchi a pelo per recuperare un minimo di tepore, e con quello un'accettabile benessere corporeo.
Ancora una sopresa: il bivacco non era deserto, e a sera ci saremmo ritrovati in compagnia di altri nove escursionisti: un signore romano in solitaria, un autoctono "sky-runner" abruzzese, cinque ragazzi forlivesi e due giovani di Caserta che hanno condiviso con noi un'eccellente bottiglia di vino rosso - quale? Proprio non ricordo, chissà perché la memoria si fa di nebbia al riguardo...
Tutti ci siamo goduti lo spettacolo incomparabile del tramonto: cielo quasi sereno a 360 gradi, con in bella vista la linea costiera, l'azzurro del mare Adriatico e tutte le principali catene montuose dell'Abruzzo e oltre, fino ai Monti Sibillini.
Poi un'improvvisa nuvola salita dal basso si è frapposta fra noi e il disco solare, creando un effetto sublime e quasi mistico con la croce di vetta, che abbiamo chiamato - in modo irriverente ma non troppo, data l'atmosfera "ieratica" del momento - "la resurrezione di Cristo"...
Poi via, tutti al caldo - si fa per dire - dentro il Bivacco Pelino: e quel vino che ho già citato ha davvero riscaldato l'ambiente, grazie anche alle mitiche "minestrine" preparate al momento dai ragazzi forlivesi con provvidenziali fornellini a gas.
La notte è stata molto meglio del previsto: nonostante il vento infuriasse fuori e si facesse sentire a tutto volume anche dentro, il calduccio del sacco a pelo mi ha regalato varie ore di sonno. Ma la luce che si insinuava dagli spifferi ci ha ricordato che non potevamo perderci l'alba sulla Maiella...
E l'alba, fredda e ventosissima, ci ha ricompensato regalandoci - se possibile - una vista ancor più ampia: il grande arco della costa adriatica dal Conero al Gargano si delineava sempre più nitido sotto i nostri occhi. All'orizzonte, tra le nubi lontane, al sorgere del disco solare per un attimo è apparsa la frastagliata linea dei monti della Croazia. E più vicino, in mezzo al mare, ecco le piatte sagome delle Isole Tremiti!
Ancora un'oretta ad indugiare dentro il sacco a pelo - anche per recuperare il calore corporeo dopo il gelo del vento - e poi via, colazione e partenza in direzione dell'obiettivo della seconda giornata, 19 agosto 2014: la Cima delle Murelle (2596 m), un aspro contrafforte roccioso in posizione dominante sull'omonimo anfiteatro (v. sopra).
Ancora una sopresa: il bivacco non era deserto, e a sera ci saremmo ritrovati in compagnia di altri nove escursionisti: un signore romano in solitaria, un autoctono "sky-runner" abruzzese, cinque ragazzi forlivesi e due giovani di Caserta che hanno condiviso con noi un'eccellente bottiglia di vino rosso - quale? Proprio non ricordo, chissà perché la memoria si fa di nebbia al riguardo...
Tutti ci siamo goduti lo spettacolo incomparabile del tramonto: cielo quasi sereno a 360 gradi, con in bella vista la linea costiera, l'azzurro del mare Adriatico e tutte le principali catene montuose dell'Abruzzo e oltre, fino ai Monti Sibillini.
Poi un'improvvisa nuvola salita dal basso si è frapposta fra noi e il disco solare, creando un effetto sublime e quasi mistico con la croce di vetta, che abbiamo chiamato - in modo irriverente ma non troppo, data l'atmosfera "ieratica" del momento - "la resurrezione di Cristo"...
Poi via, tutti al caldo - si fa per dire - dentro il Bivacco Pelino: e quel vino che ho già citato ha davvero riscaldato l'ambiente, grazie anche alle mitiche "minestrine" preparate al momento dai ragazzi forlivesi con provvidenziali fornellini a gas.
La notte è stata molto meglio del previsto: nonostante il vento infuriasse fuori e si facesse sentire a tutto volume anche dentro, il calduccio del sacco a pelo mi ha regalato varie ore di sonno. Ma la luce che si insinuava dagli spifferi ci ha ricordato che non potevamo perderci l'alba sulla Maiella...
E l'alba, fredda e ventosissima, ci ha ricompensato regalandoci - se possibile - una vista ancor più ampia: il grande arco della costa adriatica dal Conero al Gargano si delineava sempre più nitido sotto i nostri occhi. All'orizzonte, tra le nubi lontane, al sorgere del disco solare per un attimo è apparsa la frastagliata linea dei monti della Croazia. E più vicino, in mezzo al mare, ecco le piatte sagome delle Isole Tremiti!
Ancora un'oretta ad indugiare dentro il sacco a pelo - anche per recuperare il calore corporeo dopo il gelo del vento - e poi via, colazione e partenza in direzione dell'obiettivo della seconda giornata, 19 agosto 2014: la Cima delle Murelle (2596 m), un aspro contrafforte roccioso in posizione dominante sull'omonimo anfiteatro (v. sopra).
Tutto bene fino a quando - in una solitudine ancor più totale del giorno precedente, rotta solo dai camosci - abbiamo raggiunto la vetta, seguendo un'esile "traccia-non traccia" rigorosamente non segnata.
Qui, mentre ci concedevamo uno spuntino, abbiamo cominciato a notare delle nere nubi che dal lontano tratto di orizzonte sopra il Monte Velino si allungavano verso di noi. "Sono ancora distanti, ma meglio tornare sui nostri passi", ci siamo detti. E infatti...
A quel punto si è scatenata tra noi e le nubi una lotta a chi arrivava per primo: noi al Bivacco Fusco, loro sopra le nostre teste...
Qui, mentre ci concedevamo uno spuntino, abbiamo cominciato a notare delle nere nubi che dal lontano tratto di orizzonte sopra il Monte Velino si allungavano verso di noi. "Sono ancora distanti, ma meglio tornare sui nostri passi", ci siamo detti. E infatti...
A quel punto si è scatenata tra noi e le nubi una lotta a chi arrivava per primo: noi al Bivacco Fusco, loro sopra le nostre teste...
Hanno vinto le nuvole, le quali - nonostante procedessimo a marce forzate - in un tempo incredibilmente breve ci si sono trovate sul capo e ci hanno investito con raffiche di vento che quasi ci buttavano al suolo impedendoci di proseguire.
Qualche goccia di pioggia sembrava anticipare il peggio, ma alla fine la montagna ha partorito un topolino: come d'incanto tutto si è acquietato, e addirittura nell'ultima parte della discesa ci siamo dovuti sorbire un caldo infernale!
Neanche il tempo di arrivare alla macchina e via, verso Campo Imperatore e la meta del terzo giorno, 20 agosto 2014: il Corno Grande del Gran Sasso, massima elevazione dell'Appennino.
Ci siamo accampati presso il Rifugio Fonte Vetica, all'estremità sud-orientale di Campo Imperatore, montando con grande professionalità l'eccellente tendino biposto di Mauro.
Una cena sontuosa a base di specialità abruzzesi nel ristorante del rifugio, una bella dormita - rispetto al Bivacco Pelino la tenda sembrava un "Resort" alle Maldive - e il giorno dopo ci siamo diretti di gran carriera all'estremità nord-occidentale dei 22 km della lunare piana di Campo Imperatore, mentre all'orizzonte già si profilava imponente la sagoma del Corno Grande, una specie di Sassolungo appenninico appoggiato sul fondo erboso della piana.
Una volta arrivati all'hotel Campo Imperatore - nel 1943 prigione di Mussolini, come molti sanno - con passo deciso ci siamo diretti verso il Corno Grande, con l'obiettivo di salire lungo le ripide pareti del versante sud, seguendo la "Direttissima del Gran Sasso", via alpinistica con passaggi fino al II grado, con possibilità di assicurazione assai scarse.
In poco più di due ore - questa volta tutt'altro che in solitudine - abbiamo raggiunto la vetta, ben più frequentata della Direttissima dato che in cima al Corno Grande si può arrivare seguendo altre due vie, pur se meno impegnative: la via delle Creste e la via Normale.
Splendido il panorama dalla vetta: in particolare, per un appassionato di Glaciologia come me è assolutamente da segnalare la vista del piccolo Ghiacciaio del Calderone, il più meridionale d'Italia - e l'unico dell'Appennino - che ancora resiste, seppure a fatica, alle ingiurie del riscaldamento globale.
Per la discesa abbiamo scelto la via Normale, seguendo a ritroso la processione di escursionisti e di gitanti che salivano verso la vetta, dotati spesso di attrezzatura assai dubbia...
Nella discesa ci siamo comunque gustati la vista alpestre del Corno Piccolo e degli ampi pianori erbosi tra Monte Intermesoli e Monte Corvo.
Ancora spettacolo per le meravigliose fioriture, con in evidenza genzianella e semprevivo.
Due fantastiche birre ghiacciate, imperlate dell'immancabile velo di umidità e con la superficie ricoperta da una soffice schiuma, ci hanno dissetato alla grande al Rifugio Duca degli Abruzzi, dal quale nel primo pomeriggio ci siamo anche goduti di lontano il tracciato della "Direttissima" da poco violata.
Una ripida e rapida discesa ci ha riportato all'Albergo Campo Imperatore.
Di qui siamo ritornati verso Fonte Vetica, ma non prima che Mauro desse un saggio delle sue doti di "ultimate driver" guidando a palla il suo "Freelander" su di un tratturo polveroso e solcato da profondi scannafossi, alla ricerca della mitica "Via dei Laghetti" per la salita al Monte Prena.
Giunti al Rifugio Fonte Vetica, già pronti per il giorno seguente, abbiamo ispezionato il tratto iniziale del percorso che il quarto giorno, risalendo l'erboso vallone di Vradda, doveva condurci in vetta al Monte Camicia (2564 m), detto "l'Eiger dell'Appennino" per la sua altissima e vertiginosa parete nord che incombe sul paese di Castelli.
Giunti al Rifugio Fonte Vetica, già pronti per il giorno seguente, abbiamo ispezionato il tratto iniziale del percorso che il quarto giorno, risalendo l'erboso vallone di Vradda, doveva condurci in vetta al Monte Camicia (2564 m), detto "l'Eiger dell'Appennino" per la sua altissima e vertiginosa parete nord che incombe sul paese di Castelli.
Serata con doccia e cena al Rifugio, disturbata solo da una musica infernale stile "Disco" dalle 23 in poi... roba da matti per escursionisti "doc" come noi.
Ed eccoci infine al quarto giorno, 21 agosto 2014: conclusosi con un nulla di fatto, escursionisticamente parlando, perchè - ironia della sorte e del nome... - il Monte Camicia si è presentato incappucciato fin dalle 6 di mattina, con un vento teso e freddo che spazzava la piana del rifugio da ovest.
Abbiamo così deciso di far su armi e bagagli e tornarcene a Bologna, non prima però di avere scandagliato in auto il versante nord del Gran Sasso, passando per Castelli e altri borghi.
Giovanni Mazzanti
Ed eccoci infine al quarto giorno, 21 agosto 2014: conclusosi con un nulla di fatto, escursionisticamente parlando, perchè - ironia della sorte e del nome... - il Monte Camicia si è presentato incappucciato fin dalle 6 di mattina, con un vento teso e freddo che spazzava la piana del rifugio da ovest.
Abbiamo così deciso di far su armi e bagagli e tornarcene a Bologna, non prima però di avere scandagliato in auto il versante nord del Gran Sasso, passando per Castelli e altri borghi.
Giovanni Mazzanti