Siamo partiti sabato 15 settembre all'alba dal Centro Borgo con tempo splendido e 21 spettatori (noi...) alla volta del Lago di Como, o meglio di "...quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti" (tra cui appunto le Grigne), detto altresì Lago di Lecco.
Dopo alcune peripezie per trovare la strada giusta sull'angosciante galleria senza uscite che fiancheggia il lago, e un eccitante toboga in auto su per i ripidi tornanti della stradicciola che arranca sui fianchi calcarei delle Grigne (il periodo è volutamente lunghissimo per dare un'idea della strada infame...), finalmente siamo arrivati a Vo' di Moncodeno (1466 m) e ci siamo incamminati in fila indiana nella Valle dei Molini tagliando obliquamente la Costa di Prada, con ampie e spettacolari vedute sull'alta valle e sulle prime aspre guglie di quel paradiso del calcare che sono le Grigne.
Raggiunto agevolmente sotto un sole cocente (alla faccia della rima...) il Rifugio Bogani (1816 m) del CAI di Monza, con un piacevole saliscendi tra boschi di larici, piccole radure, voragini e doline (alcune delle quali - dette "ghiacciaie" - conservano per tutta la stagione il prezioso tesoro della neve invernale), abbiamo valicato la Bocchetta di Piancaformia (1805 m) e, dopo una breve discesa, con una lunga traversata in costa sotto le bastionate calcaree della Cresta di Piancaformia abbiamo raggiunto l'ampia e soleggiatissima Conca di Releccio e il Rifugio Bietti-Buzzi (1719 m), meta del primo giorno e base di partenza per la Ferrata del Sasso dei Carbonari.
Nel pomeriggio, dopo la sistemazione in Rifugio, ci è rimasto molto tempo a disposizione.
Allora Mauro Pini ha individuato un piccolo dirupo roccioso con paretina quasi verticale di cinque-sei metri di altezza, e con l'aiuto di noi accompagnatori ha organizzato una piccola dimostrazione sul "fattore di caduta" in ferrata: cioè sul fatto che la forza applicata all'alpinista nella caduta viene amplificata in ferrata dal brusco strattone del breve cordino con moschettone quando esso si arresta sul chiodo più vicino che blocca la caduta.
Come noto, questo effetto di amplificazione rende indispensabile il dissipatore nel kit da ferrata.
Allora Mauro Pini ha individuato un piccolo dirupo roccioso con paretina quasi verticale di cinque-sei metri di altezza, e con l'aiuto di noi accompagnatori ha organizzato una piccola dimostrazione sul "fattore di caduta" in ferrata: cioè sul fatto che la forza applicata all'alpinista nella caduta viene amplificata in ferrata dal brusco strattone del breve cordino con moschettone quando esso si arresta sul chiodo più vicino che blocca la caduta.
Come noto, questo effetto di amplificazione rende indispensabile il dissipatore nel kit da ferrata.
Un masso di una trentina di chili ha recitato la parte dell'alpinista legato al cordino, una corda tesata con due bastoni la parte del filo ferrato e un moschettone quella del primo chiodo. Il cordino non si è spezzato - come può succedere se manca il dissipatore - anche perchè il masso ha urtato uno dei bastoni che mantenevano tesa la corda, rendendo meno brusco lo strattone. Comunque si è snervato e "cotto" in vari punti. E' stata per tutti, a partire dal sottoscritto, un'utile esperienza, che fa capire come lapalissianamente sia meglio non cadere che cadere, specie in ferrata e nonostante l'imbrago.
La cena è stata semplicemente sontuosa, a base di pizzocheri, arrosto con purè, dolce, vino, caffè e ammazzacaffè in abbondanza. Dato che la "signora del rifugio" non riusciva a farci finire i pizzocheri che aveva cucinato, nonostante ce ne portasse in continuazione, io e pochi altri valorosi abbiamo dovuto offrirci volontari per l'ardua impresa: è stata dura, ma ce l'abbiamo fatta...
L'indomani ci siamo alzati di buon mattino pronti per l'impresa vera e propria: la ferrata del Sasso dei Carbonari. Siamo usciti dal rifugio con la corona di cime della Conca di Releccio avvolta dalla bruma, una bruma che purtroppo in quota non ci ha abbandonato per tutto il giorno. Abbiamo tagliato in costa la conca, traversando gli aridi valloni carsici e passando sotto i verticali e umidi appicchi del Sasso di Seng.
Dopo aver risalito un breve ma ripido pendio tra pini mughi, siamo giunti alla Bocchetta di Val Cassina (1823 m) e qui, indossati guanti, imbraghi e caschi, abbiamo iniziato la ferrata.
Abbiamo anche utilizzato una corda da 10 mm come ulteriore sicurezza per chi voleva sentirsi in una botte di ferro, corda egregiamente manovrata dai due Mauri, Danilo e Federico.
Il sottoscritto, consapevole delle sue lacune tecniche, si è piazzato da subito in ultima posizione, a fare "da scopa".
Dopo aver risalito un breve ma ripido pendio tra pini mughi, siamo giunti alla Bocchetta di Val Cassina (1823 m) e qui, indossati guanti, imbraghi e caschi, abbiamo iniziato la ferrata.
Abbiamo anche utilizzato una corda da 10 mm come ulteriore sicurezza per chi voleva sentirsi in una botte di ferro, corda egregiamente manovrata dai due Mauri, Danilo e Federico.
Il sottoscritto, consapevole delle sue lacune tecniche, si è piazzato da subito in ultima posizione, a fare "da scopa".
La ferrata ci si è presentata varia e movimentata: un'alternanza continua di ripidi prati punteggiati di stelle alpine e di saliscendi su paretine attrezzate, a tratti pressochè verticali e lisce, agevolati da gradini e catene. La salita ha richiesto molto più tempo del previsto. In realtà c'era da aspettarselo, anche perchè si trattava della prima vera uscita in ambiente per i corsisti, dopo le prove techiche a Badolo. E si sa che al di là delle difficoltà tecniche è l'ambiente, con la sua vastita ed esposizione, a mettere in difficoltà - soprattutto i neofiti.
Terminata la ferrata attorno alle 13:30, in mezz'oretta abbiamo completato l'ascesa al Grignone, raggiungendo il Rifugio Brioschi (2403 m), subito sotto la vetta (2409 m). Purtoppo la nebbia ci ha tolto la soddisfazione della visuale a 360 gradi e della foto ricordo con panorama...
La discesa, iniziata con cautela visto l'infido sentiero parzialmente attrezzato che discende il versante nord del Grignone, è poi proseguita con passo sempre più incalzante giù giù fino al Rifugio Bogani e infine a Vò di Moncodeno.
Per non farci mancare nulla, al ritorno noi accompagnatori e un manipolo di corsisti arditi ci siamo lanciati per una nuova stradina iper-ripida con tornanti che costringevano il "Fede-pilota" a manovre ardite. Indi ci siamo sciroppati un po' di traffico in quel di Lecco, traffico che abbiamo prontamente bypassato con un'ottima pizza e birra alla pizzeria Santa Polenta nella celeberrima "metropoli" di Oggiono (LC).
Il ritorno in superstrada fino a Milano e autostrada fino a Bologna non ci ha riservato altre sorprese.
E, visto l'orario, buonanotte a tutti...
E, visto l'orario, buonanotte a tutti...
Giovanni Mazzanti
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