E' stata il 12 marzo 2014, quando con l'amico Mauro Pini ci siamo sciroppati quasi tre ore di macchina salendo da Bologna al Passo delle Radici e scollinando nel versante Garfagnino sino al vicino Casone di Profecchia (1317 m), ex-caserma delle guardie del Ducato di Modena.
Dal Casone, ciaspole ai piedi, abbiamo affrontato la salita al crinale Appenninico, ingombro di neve, avendo come meta il Monte Prado (2054 m).
E così è stato, fin dall'inizio. Fin dalla blanda salita nella grande faggeta sopra il Casone, in bella vista delle alpi Apuane (Pizzo d'Uccello, Pisanino, Cavallo, Tambura), un vento a tratti impetuoso ci ha accompagnato. Ma si è scatenato sul serio quando, dopo una ripida salita con già i ramponi ai piedi sulla neve dura per il gelo notturno, abbiamo rimontato il crinale nei pressi delle Forbici (1818 m).
Da lì in poi è stata davvero tosta.
Ma sembrava comunque di essere in maniche di camicia.
Il vento contrario soffiava incessante come un gigantesco phon, costringendoci ad aggrapparci con tutte le nostre forze ai bastoncini da trekking per procedere sul filo di cresta, fortunatamente assai agevole da seguire.
Poi poco alla volta, mano a mano che raggiungevamo una dopo l'altra le varie cime che ci separavano dal Prado - Monte Cella (1946 m), Monte Vecchio (1986 m), Anticima del Prado (2024 m) - il vento si è fatto più umano. E dopo una pausa ristoratrice al sole e al riparo dal vento, verso mezzogiorno abbiamo raggiunto l'ampia ed appagante sommità del Monte Prado a quota 2054 m, con il suo incomparabile panorama su tutto il crinale Appenninico dall'Alto Parmense al Corno alle Scale, e soprattutto sul Gigante dell'Alto Reggiano, il Monte Cusna (2120 m).
Dopo un pasto frugale e l'immancabile "selfie" fotografico, siamo tornati sui nostri passi, sotto un sole cocente, che però stentava ad ammorbidire la neve gelata proprio per effetto del vento forte.
Vento che comunque nel pomeriggio si è via via attenuato, fino a ridursi a una lieve brezza quando abbiamo abbandonato il crinale.
Erano appena le 15:00, anche perché l'alzata mattutina ci ha consentito di fare le cose con calma e per tempo, a tutto vantaggio della sicurezza.
E di sfruttare appieno il vantaggio di camminare sulla neve dura e compatta, anziché sprofondare nella neve molle e fradicia - che abbiamo trovato solo nell'ultima ora di discesa.
Sono tutte buone pratiche da non dimenticare mai...
Giovanni Mazzanti