Benvenuti nel mondo di "Quota 2000"

Ciao!!!

Mi chiamo Giovanni Mazzanti, Giò per gli amici. Sono l'autore del libro "QUOTA 2000 - Escursioni sulle dieci più alte vette dell’Appennino Tosco-Emiliano tra natura, storia e ricordi ".

Un libro che vi ha guidato alla scoperta delle bellezze dell'alto Appennino Tosco-Emiliano.

E' una terra meravigliosa, che sa sempre stupire e incantare chi è disposto a visitarla con amore e rispetto.

In questo sito ci sono tutte le informazioni sul libro "QUOTA 2000".

E' una specie di "curriculum vitae": per suggerimenti e contatti, scrivetemi all'indirizzo e-mail mazzanti.giovanni@gmail.com.

Ma visto che ormai il libro è esaurito... voglio allargare gli orizzonti e far diventare questo sito il diario delle mie escursioni più recenti in Appennino e sulle Alpi.
Per condividere con chi ama la montagna le emozioni sempre nuove che sa regalare...

Buon divertimento e... ci vediamo sul crinale!
P.S.: IL SITO HA SUPERATO ANCHE QUOTA 23000 VISITE!!!!
Ventitremila grazie a tutti i visitatori, anche se - come sempre - non per questo il nome del sito cambierà...

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Subito sotto a questa sezione introduttiva, trovate "UN VIDEO dalla MONTAGNA". Immagini girate sulle nostre montagne che hanno lo scopo di far conoscere e promuovere turisticamente l'Appennino Tosco-Emiliano e le Alpi.

Dopo un lungo silenzio, e dopo la Ferrata del Monte Contrario, eccovi la piccola impresa compiuta con l'amico Massimo Salicini il 29-30/09/2014: salita al Breithorn Occidentale (4165 m) da Cervinia (2050 m) con pernotto al Rifugio Guide del Cervino alla Testa Grigia (3480 m). Potremmo definirla in breve: "più forti della sfiga"....
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Subito dopo "UN VIDEO dalla MONTAGNA", eccovi la rubrica musicale "MUSICA e MONTAGNA" per unire idealmente montagna e musica: un video musicale fra i miei preferiti. Anche voi potete proporre video-musicali scrivendo all'indirizzo e-mail mazzanti.giovanni@gmail.com

Godetevi ora il video "artigianale" girato dal sottoscritto al Concerto di Ligabue, Stadio Dall'Ara di Bologna, 13/09/2014. Io e la mia "piccola-grande cucciola" ci siamo divertiti alla grande con la musica del Liga.
Buona musica, dunque, e Buona Montagna!
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martedì 25 settembre 2012

CALCARE IL CALCARE...


Incalzato dal tempo che fugge, finalmente riesco a "postare" il resoconto della "due giorni" del 15-16 settembre 2012 sul "Grignone" (alias Grigna Settentrionale, 2409 m s.l.m.) col corso ferrate 2012 del CAI Bologna, alla quale ho partecipato come accompagnatore insieme a 16 corsisti, agli accompagnatori Danilo, Federico, Mauro V., e al direttore del corso Mauro Pini. Obiettivo:  percorrere la divertente ferrata del Sasso dei Carbonari e calcare così con gli scarponi il calcare delle Grigne...
Siamo  partiti sabato 15 settembre all'alba dal Centro Borgo con tempo splendido e 21 spettatori (noi...) alla volta del Lago di Como, o meglio di "...quel ramo del lago di Como che volge a mezzogiorno tra due catene non interrotte di monti" (tra cui appunto le Grigne), detto altresì Lago di Lecco.
Dopo alcune peripezie per trovare la strada giusta sull'angosciante galleria senza uscite che fiancheggia il lago, e un eccitante toboga in auto su per i ripidi tornanti della stradicciola che arranca sui fianchi calcarei delle Grigne (il periodo è volutamente lunghissimo per dare un'idea della strada infame...), finalmente siamo arrivati a Vo' di Moncodeno (1466 m) e ci siamo incamminati in fila indiana nella Valle dei Molini tagliando obliquamente la Costa di Prada, con ampie e spettacolari vedute sull'alta valle e sulle prime aspre guglie di quel paradiso del calcare che sono le Grigne.
Raggiunto agevolmente sotto un sole cocente (alla faccia della rima...) il Rifugio Bogani (1816 m) del CAI di Monza, con un piacevole saliscendi tra boschi di larici, piccole radure, voragini e doline (alcune delle quali - dette "ghiacciaie" - conservano per tutta la stagione il prezioso tesoro della neve invernale), abbiamo valicato la Bocchetta di Piancaformia (1805 m) e, dopo una breve discesa, con una lunga traversata in costa sotto le bastionate calcaree della Cresta di Piancaformia abbiamo raggiunto l'ampia e soleggiatissima Conca di Releccio e il Rifugio Bietti-Buzzi (1719 m), meta del primo giorno e base di partenza per la Ferrata del Sasso dei Carbonari.
Nel pomeriggio, dopo la sistemazione in Rifugio, ci è rimasto molto tempo a disposizione.
Allora Mauro Pini ha individuato un piccolo dirupo roccioso con paretina quasi verticale di cinque-sei metri di altezza, e con l'aiuto di noi accompagnatori ha organizzato una piccola dimostrazione sul "fattore di caduta" in ferrata: cioè sul fatto che la forza applicata all'alpinista nella caduta viene amplificata in ferrata dal brusco strattone del breve cordino con moschettone quando esso si arresta sul chiodo più vicino che blocca la caduta.
Come noto, questo effetto di amplificazione rende indispensabile il dissipatore nel kit da ferrata.
Un masso di una trentina di chili ha recitato la parte dell'alpinista legato al cordino, una corda tesata con due bastoni la parte del filo ferrato e un moschettone quella del primo chiodo. Il cordino non si è spezzato - come può succedere se manca il dissipatore - anche perchè il masso ha urtato uno dei bastoni che mantenevano tesa la corda, rendendo meno brusco lo strattone. Comunque si è snervato e "cotto" in vari punti. E' stata per tutti, a partire dal sottoscritto, un'utile esperienza, che fa capire come lapalissianamente sia meglio non cadere che cadere, specie in ferrata e nonostante l'imbrago.
La cena è stata semplicemente sontuosa, a base di pizzocheri, arrosto con purè, dolce, vino, caffè e ammazzacaffè in abbondanza. Dato che la "signora del rifugio" non riusciva a farci finire i pizzocheri che aveva cucinato, nonostante ce ne portasse in continuazione, io e pochi altri valorosi abbiamo dovuto offrirci volontari per l'ardua impresa: è stata dura, ma ce l'abbiamo fatta...
L'indomani ci siamo alzati di buon mattino pronti per l'impresa vera e propria: la ferrata del Sasso dei Carbonari. Siamo usciti dal rifugio con la corona di cime della Conca di Releccio avvolta dalla bruma, una bruma che purtroppo in quota non ci ha abbandonato per tutto il giorno. Abbiamo tagliato in costa la conca, traversando gli aridi valloni carsici e passando sotto i verticali e umidi appicchi del Sasso di Seng.
Dopo aver risalito un breve ma ripido pendio tra pini mughi, siamo giunti alla Bocchetta di Val Cassina (1823 m) e qui, indossati guanti, imbraghi e caschi, abbiamo iniziato la ferrata.
Abbiamo anche utilizzato una corda da 10 mm come ulteriore sicurezza per chi voleva sentirsi in una botte di ferro, corda egregiamente manovrata dai due Mauri, Danilo e Federico.
Il sottoscritto, consapevole delle sue lacune tecniche, si è piazzato da subito in ultima posizione, a fare "da scopa".

La ferrata ci si è presentata varia e movimentata: un'alternanza continua di ripidi prati punteggiati di stelle alpine e di saliscendi su paretine attrezzate, a tratti pressochè verticali e lisce, agevolati da gradini e catene. La salita ha richiesto molto più tempo del previsto. In realtà c'era da aspettarselo, anche perchè si trattava della prima vera uscita in ambiente per i corsisti, dopo le prove techiche a Badolo. E si sa che al di là delle difficoltà tecniche è l'ambiente, con la sua vastita ed esposizione, a mettere in difficoltà - soprattutto i neofiti.

Terminata la ferrata attorno alle 13:30, in mezz'oretta abbiamo completato l'ascesa al Grignone, raggiungendo il Rifugio Brioschi (2403 m), subito sotto la vetta (2409 m). Purtoppo la nebbia ci ha tolto la soddisfazione della visuale a 360 gradi e della foto ricordo con panorama...
La discesa, iniziata con cautela visto l'infido sentiero parzialmente attrezzato che discende il versante nord del Grignone, è poi proseguita con passo sempre più incalzante giù giù fino al Rifugio Bogani e infine a Vò di Moncodeno.
Per non farci mancare nulla, al ritorno noi accompagnatori e un manipolo di corsisti arditi ci siamo lanciati per una nuova stradina iper-ripida con tornanti che costringevano il "Fede-pilota" a manovre ardite. Indi ci siamo sciroppati un po' di traffico in quel di Lecco, traffico che abbiamo prontamente bypassato con un'ottima pizza e birra alla pizzeria Santa Polenta nella celeberrima "metropoli" di Oggiono (LC).
Il ritorno in superstrada fino a Milano e autostrada fino a Bologna non ci ha riservato altre sorprese.
E, visto l'orario, buonanotte a tutti...
 
Giovanni Mazzanti
 

sabato 31 marzo 2012

SCALARE IL VETTORE...


Finalmente un attimo di respiro per poter aggiornare questo blog con un breve resoconto dell'esaltante
"tre giorni" sui Monti Sibillini!
Come sempre devo un grazie all'AE-AEI Mauro Pini, che mi ha coinvolto ancora come aiuto-accompagnatore in questa spettacolare uscita conclusiva del corso di escursionismo invernale 2012 del CAI Bologna, di cui Mauro è responsabile.
E anche questa volta - come già lo scorso anno in Val Maira - ci siamo trattati alla grande, con una chiusura al fulmicotone: tre giorni di "full immersion" nella montagna e nell'escurionismo invernale a tutto tondo, con base a Forca di Presta (AP), dove abbiamo pernottato presso il Rifugio degli Alpini, gestito dal baffuto e simpatico Gino.
E tre giorni baciati dal sole, con solo qualche velatura la domenica.
Inizio alla grande il venerdì 16 marzo 2012 per Mauro e gli aiuto-accompagnatori (l'AE-AEI Mauro V., Antonio, Claudio, Simone e il sottoscritto).
Levataccia e ritrovo alle 4:45 al Cimitero dei Polacchi per poter in giornata  "Scalare il Vettore" - un controsenso per gli esperti di fisica-matematica, ma nei misteriosi Monti Sibillini si possono anche violare le regole della fisica... - cioè dare l'assalto al versante meridionale della vetta più alta del massiccio (2478 metri sul livello del mare), che si erge imponente e maestosa sull'ampia sella della Forca di Presta (1534 m).
Terminato il lungo viaggio in auto, abbiamo risalito con ottimo ritmo i ripidi fianchi erbosi ed assolati del Vettoretto, dove abbiamo voluto e dovuto cercarci i pendii più ripidi e i pochi canaloni innevati per far mordere la neve (e anche la terra e il fango...) ai nostri ramponi desiderosi di mettersi in mostra. Dopo aver "scaldato a dovere la caldaia" sotto un sole cocente, sudando abbondantemente nei pendii non esposti al vento, abbiamo raggiunto il valico della Forca delle Ciaule e il Rifugio Zilioli (2200 m).
Da qui in poi finalmente la neve si è fatta predominante e abbiamo risalito il bel canalone che conduce alla cima del Vettore, con una duplice sorpresa legata sempre alla croce di vetta, già visibile (almeno in apparenza...) dal Rifugio:
- quella che si vedeva dal basso era una "croce non di vetta", posta su un'anticima che assomiglia tanto alla cima vera, ma non lo è;
- la croce di vetta vera era nascosta e piegata: dai fulmini, dal vento o da qualche spirito maligno, chissà - i Sibillini erano i monti delle fate, delle streghe e delle magie...
In cima abbiamo pranzato in totale relax sotto il sole e quasi senza un alito di vento, poi siamo scesi a bomba al Rifugio degli Alpini, dove verso sera hanno cominciato ad arrivare alla spicciolata i 16 corsisti.
Il magico tramonto sul Vettore dal Rifugio, la cena in compagnia con ottimo cibo e ottimo vino, la visita di una volpe che si è mangiata i nostri avanzi, i racconti incredibili e accattivanti di Gino il rifugista: tutto ha fatto sì che la serata del venerdì chiudesse alla grande una giornata che alla grande era iniziata.
Il giorno dopo, sabato 17 marzo 2012, è finalmente giunta l'ora per i corsisti di mostrare sul campo tutto quello che hanno imparato durante il corso. E loro l'hanno fatto con scrupolo, entusiasmo e abnegazione, dando tutto senza lesinare le forze nella bellissima escursione che ci ha portato dai pressi della Forca di Gualdo (1496 m) - sul versante umbro dei Sibillini, non lontano da Castelluccio di Norcia - al Monte Argentella (2201 m), ampio baluardo sulla cresta che dal Redentore scende fino al monte Vallelunga e al Monte Sibilla, dividendo i Piani di Castelluccio e l'alta Valle del Nera dalla conca del lago di Pilato e dalla Val d'Aso.
E' stata una giornata nella quale abbiamo davvero fatto di tutto: stupefatti per il sorprendente incontro con una volpe (non la stessa del Rifugio, le volpi abbondano nei Sibillini...) che ci si è fatta incontro sull'asfalto del parcheggio alla Forca di Gualdo mentre preparavamo l'attrezzatura, prima ci siamo incamminati tra i modesti declivi del Pian Perduto sotto il sole cocente, tra prati di erba giallastra rinsecchita e qualche isolato cavallone di neve. Giunti alla Fonte di San Lorenzo - una delle poche in quest'area carsica di roccia calcarea - ci siamo inerpicati sulla dura neve nell'ombrosa, bassa e fitta faggeta.
Poi abbiamo traversato sotto un venticello teso un ripido nevaio di neve compatta dove gli scarponi faticavano a lasciare l'impronta, ciò che ha richiesto da parte nostra la massima attenzione.
Quindi abbiamo calzato i ramponi e dopo un bel traverso che ci ha portato al Colle Albieri (1800 m), seguendo le scrupolose indicazioni di Mauro ci siamo esercitati nelle manovre di arresto con piccozza su un nevaio che sembrava fatto apposta per lo scopo, provandole in tutti i modi: non solo a testa in su di pancia e di schiena, ma anche a testa in giù di schiena e di pancia.
E qui le ragazze - Antonia, Giulia, Nadia, Silvia, Simona - hanno dato ottima prova di sè, dimostrando che le donne non temono confronti quanto a risolutezza e coordinazione (doti indispensabili nella manovra di arresto).
Indi, la parte più "tosta" fisicamente del percorso: dopo una marcia in costa con i ramponi sulla neve della "Strada Imperiale", una ripida salita lungo un canalone gemello di quello del Vettore, fino all'anticima dell'Argentella.
Per non turbare gli spiriti della montagna - come Reinhold Messner e Hans Kammerlander sul Kanchenjunga - abbiamo rispettosamente evitato la vetta, ma questo non ci ha impedito di goderci lo spettacolare panorama sulla surreale conca di Castelluccio e sulla valle del Lago di Pilato, ancora imbiancata e immersa nel suo isolamento invernale, protetta com'è dalla chiostra di monti che va dal Torrone, al Vettore, alla Cima del Lago, al Redentore, all'Argentella stesso.
Poi la discesa, non meno impegnativa per le articolazioni a causa di vari traversi su neve e fango, e con un finale tutto ciaspole e scivolate su nevai fradici, fino a reimmergerci nel bosco e riattraversare il Pian Piccolo.
Così, avendo dato tutto, quando abbiamo riguadagnato le auto eravamo davvero cotti tutti quanti... e siamo rientrati in rifugio. Gli aiuto-accompagnatori in auto con Mauro si sono anche beati della musica dei Pink Floyd ("Hey you", e altre perle), degno commento musicale al suggestivo tramonto sul surreale Piano Grande di Castelluccio.  
La splendida giornata si è chiusa con una splendida serata, ancora di taglio prevalentemente mangereccio: antipasto a base di birra, formaggi e ricotta a volontà, comprati dai corsisti in quel paradiso della gastronomia che è Castelluccio di Norcia. E cena di cui non ricordo molto, dato il vino abbondante che ha fatto seguito alla birra....
Il terzo giorno, domenica 18 marzo 2012, è stato all'altezza dei due precedenti, se non dal punto di vista dell'impegno "tecnico-fisico" almeno da quello della bellezza del paesaggio, dei panorami e della compagnia. Dal Rifugio degli Alpini abbiamo compiuto una bella traversata in direzione Sud-Ovest fino al Colle delle Cese (1530 m) e al Rifugio Città d'Ascoli, dove alcuni appassionati di astronomia avevano piazzato i loro potenti telescopi per vedersi al meglio la memorabile congiunzione "Giove - Venere".
E di qui siamo scesi a "il Laghetto", piccolo specchio d'acqua nel cuore del "Pian Piccolo", che cela un inghiottitoio carsico. Abbiamo attraversato da Sud a Nord il Pian Piccolo e qui abbiamo trovato il modo di fare una buona azione, dando una mano ad un automobilista sprovveduto che pretendeva di salire con una Opel Zafira fino al Colle delle Cese, ma... per quale strada? 
Dopodichè a spron battente siamo risaliti nuovamente fino a Forca di Presta e al Rifugio degli Alpini. 
E a questo punto, prima di ridiscendere definitivamente nella nostra "valle Padana di lacrime", ancora una volta abbiamo ceduto ai piaceri della carne - cioè del cibo - con un sontuoso pranzo a base di specialità norcine in quel di Castelluccio: salumi, formaggi, ricotta affumicata, frittata al tartufo, lasagne, polenta e spezzatino, funghi misti, fagioli al prosciutto e - ovviamente - lenticchie, il tutto innaffiato di abbondante Montepulciano d'Abruzzo, birra e vino di visciole...
Per chi c'era (Mauro Pini e il sottoscritto) si è trattato di un bis di un altro memorabile pranzo risalente al maggio 2010, quando i Sibillini ci avevano dispensato a piene mani non il sole - come in questa calda seconda metà di Marzo - ma... la neve!

Giovanni Mazzanti

  

martedì 6 marzo 2012

TRA LA BRANCIA E LA FRACASSATA... IL CASAROLA

Finalmente di nuovo sulle mie montagne!!!!!
Dopo lunghe settimane di duro lavoro - per carità, vietato lamentarsi con i tempi che corrono... - finalmente ho calcato di nuovo scarponi, ciaspole e ramponi sulla terra, sulla neve e sul ghiaccio dei nostri monti appenninici.
L'ho fatto in qualità di aiuto-accompagnatore al corso di escursionismo invernale 2012 del CAI Bologna, organizzato e guidato come sempre egregiamente dall'AE/AEI Mauro Pini.
Con Mauro, altri 4 accompagnatori (Claudio, Giuseppe, Emilio, Mauro V.) e 18 corsisti siamo partiti alle 5:30 dal parcheggio del Centro Borgo.
Nonostante l'orario antelucano, il parcheggio era animato da un'insolita attività: infatti il Centro Borgo è punto di ritrovo ben noto al CAI Bologna e agli escursionisti in genere. Abbiamo quindi condiviso i preparativi con un gruppo di sci-alpinisti in partenza per l'Alto Adige, più esattamente per la superba Val Passiria.
Partiti adunque da Bologna alle "zenq e mez d'la mateina", ci siamo incamminati - o per meglio dire "inmacchinati"... - in direzione dell'Alto Reggiano: meta il Casarola (1978 metri s.l.m.), che definire anticima dell'Alpe di Succiso (2017 m) è forse un poco riduttivo, visto che dalla Valle del Secchia è proprio il Casarola, e non la più alta Alpe, a "metterci la faccia" e mostrarsi in tutta la sua regolare imponenza a chi arriva percorrendo la strada statale 63 del Passo del Cerreto. 
Prima però di presentarci al cospetto dei Giganti dell'Alto Reggiano, abbiamo pensato bene (anzi, benissimo!) di ristorarci a un ottimo baretto in località La Vecchia di Vezzano sul Crostolo, dove un simpatico barista alla Peppone (con tanto di baffi inclusi) ci ha rimpinzato a dovere a suon di cappuccini e paste.
Poi, dopo le solite interminabili curve e controcurve della SS 63 - allietate se non altro in sequenza dalle vedute mozzafiato della Pietra di Bismantova, del grande groppone bianco del Cusna e dei pendii aspri e poco innevati di Cavalbianco e Nuda del Cerreto - eccoci finalmente ai piedi di sua maestà il Casarola.
E qui le prime perplessità: vedendo i dirupati fianchi del grande monte spogli di neve, con solo i profondi canaloni che ancora custodivano il bianco elemento, ad alcuni accompagnatori - incluso il sottoscritto - è venuto il dubbio di poter lasciare le ciaspole nei bagagliai e portare unicamente ramponi e piccozza (gli strumenti che dovevano essere il tema della giornata). Bene ha fatto il "capo" Mauro a rigettare l'opzione, decidendo che era meglio non rischiare e portare tutta l'attrezzatura con sè.
Lasciate le auto nei pressi del bivio per Cerreto Alpi, a circa 900 metri sul livello del mare, abbiamo imboccato il sentiero CAI n. 651. Procedendo ottimamente allineati e coperti come un plotone militare, abbiamo rapidamente colmato il primo dislivello di circa 450 metri che ci separava dalle piane di Capiola, salendo con decisione nella faggeta senza neve e a tratti quasi rinsecchita - a testimonianza di come bastino pochi giorni di sole caldo e vento primaverile a sciogliere la tanta neve caduta in precedenza.
Eppure avvicinandosi a Capiola abbiamo capito come non tutto fosse scontato: bastava un lieve raddolcimento del ripido pendio, con una piccola variazione di esposizione, per regalarci le prime chiazze di neve, molle e fradicia, ma a tratti già abbondante.
Giunti a Capiola, ecco le faggete mutarsi in rade boscaglie e praterie, già ricoperte da una spessa coltre bianca, che ci ha quasi subito indotto a calzare le ciaspole. E meno male che le avevamo portate, dato che a tratti già si sprofondava vistosamente. In breve, siamo usciti nell'ampia radura ai piedi del Casarola e il panorama si è aperto in tutte le direzioni, con l'elegante Monte Ventasso alle nostre spalle ad impreziosire le vedute.
E qui un secondo dubbio ci si è posto, dato che per la salita le alternative erano due. La prima: salire a sinistra lungo il sentiero CAI 651 per la dorsale detta "Costa della Brancia" - di primo acchito più ripida e meno innevata. La seconda: seguitare a destra in piano e poco prima della località detta "la Fracassata" (nomen omen) prendere il sentiero CAI 657 risalendo la Costa del Mainasco, apparentemente più blanda.
Ancora una volta abbiamo rigettato le apparenze, guardato bene la carta e dato retta a Mauro, scegliendo la seconda ipotesi. Decisione saggia, dato che durante la salita la fronteggiante Costa del Mainasco ci si è mostrata ben più ripida di quanto visibile dal basso, e abbondantemente innevata nella parte superiore.
Con ottimo passo e gioco di squadra, alternando i battistrada, abbiamo proseguito con relativa rapidità sulla neve via via più profonda, risalendo la ripida faggeta solcata a tratti da profondi ed insidiosi canali di scarico delle valanghe.
E siamo usciti in un ampio prato innevato, dove abbiamo fatto tutti pratica con ramponi e piccozza.
Quindi abbiamo rimontato la lunga e ripida dorsale che doveva condurci in vetta al Casarola, libera quasi ovunque da neve, ma spazzata da un forte vento, con raffiche che a tratti ci spostavano di peso.
Poi finalmente l'estasi della vetta e del panorama mozzafiato a 360°, dominato dalla vicina e imponente Alpe di Succiso, con i suoi profondi canaloni ingombri di neve e ghiaccio, e le dorsali spazzate dal vento.
Un'ispezione della parte alta della Costa del Mainasco ha confermato la bontà della scelta della salita e consigliato di scendere per la stessa via.
Ancora spazzati dal vento, ci siamo messi in fila lungo la dorsale e ci siamo beati della vista senza confini su Cusna, Prado, Nuda, Cavalbianco, Ventasso e Monte Alto, quest'ultimo proteso a custodire quasi gelosamente come un  bianco tesoro ai suoi piedi la conca delle sorgenti del Secchia. 
Di nuovo nel bosco per fare ancora pratica con le ciaspole sul ripido pendio abbondantemente innevato, con la neve che oltretutto - visto che oramai il sole stava calando - aveva assunto una consistenza dura e granulosa con croste portanti, ben diversa da quella della salita.
La discesa nella faggeta è stata come al solito rilassante, ma bene ha fatto Mauro a richiamarci all'attenzione e ad evitare di abbandonarci alle chiacchiere: gli scivoloni nell'ultima parte delle discese hanno provocato ben più di un incidente a escursionisti che avevano ormai tirato i remi in barca...
Tutti sulle auto, allora, a caccia di una birra, un panino, un erbazzone o qualunque altro cibo solido o liquido potesse placare fame e sete.
Ma cibo e ristoro sembrano quasi introvabili nell'alto Reggiano: di certo sono ben più rari delle forti emozioni che la natura dispensa a piene mani...

Giovanni Mazzanti  

mercoledì 15 febbraio 2012

INSIEME SULLA NUDA


Gli impegni lavorativi hanno rallentato i miei aggiornamenti a questo sito, ma non voglio farvi perdere nemmeno una delle mie escursioni - un po' pochine a dire il vero... - degli ultimi tempi.
L'ultima in ordine di apparizione è stata quella del 28 dicembre 2011 sul Monte La Nuda dell'Appennino Bolognese: questa precisazione è doverosa, perchè il nome "Nuda" ricorre almeno altre due volte tra i monti dell'Appennino Tosco-Emiliano - come sa chi ha letto con attenzione il libro Quota 2000, andatevi a rivedere l'Introduzione...
In compagnia degli amici Delu e Giuseppe, e di alcuni ragazzi della parrocchia di Sant'Antonio di Bassa Quaderna (nella bassa bolognese, appunto...) siamo partiti con tempo splendido da Madonna dell'Acero e seguendo il sentiero CAI 323 che parte dal centro visita del Parco Regionale del Corno alle Scale di Pian d'Ivo ci siamo inoltrati nell'abetaia mista a faggeta che ricopre l'ampio versante nord della Nuda.
La neve era scarsa - e questo fa davvero sorridere in questi giorni nei quali siamo sommersi dalla neve - e la salita è stata oltremodo agevole nell'aria secca e frizzante della mattina.
Qualche accumulo di neve più consistente l'abbiamo trovato solo nell'abetaia che costituisce la parte più elevata dei boschi da attraversare.
Poi, usciti sul grande prato sommitale che da il nome alla Nuda, paradossalmente la neve si è fatta ancora più scarsa, riducendosi a un sottile strato ghiacciato che ricopriva a malapena l'erba, le carline e le poche piante di mirtillo e ginepro nano. Sottile, ma insidioso, specie in discesa, come ben sanno gli escursionisti che hanno sfidato i canalini del Corno e i Balzi dell'Ora proprio in quei giorni, rischiando la pelle per un brutto scivolone.
Fuori dal bosco, ci ha accolto quasi con veemenza un grandioso panorama, che si ampliava via via ad ogni passo, fino alla cima.
Gratificati dalle meravigliose vedute del medio e basso Appennino a nord, digradante fino alla pianura padana, e della chiostra dei monti del crinale a sud, abbiamo così raggiunto in tutta comodità la vetta, a quota 1828 metri sul livello del mare.
E sempre in tutta comodità abbiamo consumato il nostro pranzo al sacco, dato che in cima non tirava un filo di vento, fatto questo davvero raro sulla Nuda e più in generale sulle vette alto-appenniniche.

Il ritorno, per la stessa via dell'andata - non abbiamo voluto scendere dal Passo del Vallone e dal Cavone per questione di tempi - è stato ancora più agevole della salita.
Alla fine, un bel tè caldo con biscotti davanti al focolare nell'austera foresteria del Santuario di Madonna dell'Acero è stata la degna conclusione di una splendida giornata.

Giovanni Mazzanti

Gio, Danilo, Mauro, Rita, Sara sul M.Sirente (2348 m, Abruzzo) 17.05.2015

Con Mauro Pini e 2 m di neve nella Valle del Silenzio (6/3/2015)

UN VIDEO dalla MONTAGNA: Giò e Max. Salicini sul Breithorn Occidentale (4165 m) 28/09/2014

Musica e Montagna: "LIGABUE"Mondovisione Tour - 13/09/2014, Stadio Dall'Ara, Bologna

Quota 2000 in TV!!!! Da è-TG-BOLOGNA del 15 luglio 2010...

VIDEO-TRIBUTO ALL'APPENNINO (by Mauro Penza and the staff of regione Emilia Romagna)