Angelo, Fabio, Filippo, Giovanni (Ghini), Giovanni (il sottoscritto), Sara, Silvia, Paolo, Valentina: sono questi i nomi dei nove intrepidi escursionisti che, guidati dal grande Mauro Pini, hanno sfidato le memorabili intemperie del week-end 15 – 16 maggio 2010 e si sono lanciati alla ricerca della mitica Sibilla tra i monti omonimi.
Partiti da Bologna sotto il diluvio, ci siamo sciroppati la pioggia per tutto il lungo viaggio – più di 300 km – che ci ha portato nei paraggi di Montemonaco (AP), per l’esattezza al Rifugio Monte Sibilla (1540 m). Qui, sotto un cielo cupo ma inaspettatamente parco di pioggia, abbiamo risalito il ripidissimo pendio erboso che sovrasta il rifugio fino al monte Zampa e quindi abbiamo bordeggiato lungo la regolare ed interminabile cresta che conduce al Monte Sibilla (2176 m), affacciati da un lato sull’alto Piceno e dall’altro sui vertiginosi abissi delle gole dell’Infernaccio (vedi foto).
A questo punto abbiamo affrontato l’erta finale che doveva condurci in vetta alla Sibilla, sdegnosamente avvolta in una nebbia fitta e misteriosa. E la pioggia si è fatta neve. Tutto bene fino alla cima, ma qui, dopo un prudente assaggio delle roccette sul tracciato che doveva condurci alla vicina forcella, Mauro ha detto “stop” e saggiamente ci ha fatto ritornare sui nostri passi.
Il tempo di scendere a valle e siamo stati subissati da una pioggia torrenziale, che per tutta la notte ha sferzato il nostro albergo (l’accogliente "Taverna della Montagna" di Foce di Montemonaco).
Ci siamo consolati con coratella di agnello, polenta, carne arrosto e un ineffabile liquore a base di grappa e anice aromatizzati alla genziana... Ma soprattutto si è fatta sentire la voglia di stare insieme e di “fare gruppo”.
Ci siamo consolati con coratella di agnello, polenta, carne arrosto e un ineffabile liquore a base di grappa e anice aromatizzati alla genziana... Ma soprattutto si è fatta sentire la voglia di stare insieme e di “fare gruppo”.
Ma ancora una volta è venuta fuori la nostra capacità di resistere, di concentrarci sul cammino e di darci la carica vicendevolmente. Abbiamo seguito ordinatamente le “dritte” di Mauro: valutando l’entità, la consistenza e l’esposizione degli accumuli di neve rimasti dall’inverno e il manto di neve fresca che via via si faceva più spesso, abbiamo scelto il percorso più sicuro e – non senza fatica, ma in un tempo davvero buono – al ritmo di 400 m di dislivello all’ora abbiamo coperto i quasi 1000 metri di dislivello da Foce al Lago di Pilato.
Sotto una nevicata invernale, in un ambiente “glaciale” e silenzioso, incuranti delle raffiche di vento abbiamo compiuto il rito delle foto-ricordo sullo sfondo del Lago di Pilato: una mezzaluna di acqua grigio-azzurra ancora semighiacciata e parzialmente ricoperta di neve. Quindi via, verso valle, al riparo dalla furia della neve e del vento, bersagliati però senza tregua dalla pioggia scrosciante.
E poi… finalmente un po’ di relax sui verdi prati a monte di Foce, dove ci siamo cambiati e abbiamo pianificato il rientro a Bologna.
E a questo punto, ecco la ciliegina sulla torta: al ritorno, con un lungo giro in auto – un grazie riconoscente agli autisti Giovanni e Vale – siamo passati da Castelluccio di Norcia, dove ci aspettavano le prelibatezze della norcineria locale: lenticchie, fagioli col prosciutto, ricotta salata, formaggi assortiti, timballo ai funghi prugnoli, trota salmonata in agrodolce e ovviamente vino a volontà, col suggello finale di una gigantesca bottiglia di limoncello.
Giovanni Mazzanti
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